Ennesima stangata per le tasche degli italiani: dal 1° gennaio del 2023 scatterà l’aumento automatico delle multe previsto per legge che quest’anno si stima sarà del 10%. L’Asaps fa appello per fermare i rialzi a favore dei drivers.
Già è sconfortante e difficile da digerire quando si ricevono le multe, figuriamoci se il costo è esagerato. Ricevere una multa non è mai positivo non solo perché certifica di non avere rispettato il Codice della Strada, ma anche perché comporta la necessità di dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. La situazione non sembra però destinata a migliorare in tempi brevi, anzi. A partire dal 1° gennaio 2023, infatti, dovrebbero scattare gli aumenti che solitamente vengono introdotti con cadenza biennale alle sanzioni.
Considerando gli aumenti già imposti dalle bollette, anche l’aumento delle multe si somma a tutte le spese extra che gli italiani si troveranno a dover pagare il prossimo anno. Sulla base delle ultime stime le multe dovrebbero avere un rialzo attorno al 10%, decisamente non poco, soprattutto in considerazione della crisi che si trovano già a vivere da tempo molte famiglie. Asaps, l’Associazione sostenitori della Polizia stradale, ha così provato a lanciare un appello alle forze politiche in vista dell’appuntamento con le elezioni che risulta essere ormai sempre più vicino.
Il rischio concreto, a detta dell’associazione Asaps, è che alcuni possano decidere di non pagare per mancanza di possibilità economiche: “Premesso che siamo, ovviamente come sempre, per il rispetto del Codice della Strada e per la legalità, corre l’obbligo di ricordare come oggi, di fronte ad una situazione economica veramente critica, post emergenza Covid, con una situazione terribile per gli aumenti di bollette e prezzi in generale, a causa del conflitto in Ucraina – sono le parole di Giordano Biserni, presidente dell’Asaps – si rischia che le multe rimangano grida manzoniane, perché questi aumenti esaspereranno gli automobilisti e non verranno mai pagate o solo in minima parte, come dimostrato dai cali di incassi del bilancio dello Stato e degli Enti Locali, in materia di riscossione volontaria”.
La prima richiesta di intervento arriva dall’Asaps, che ricorda anche come l’ultimo provvedimento del 31 dicembre 2020 «ebbe come conseguenza una diminuzione minima delle multe». In quel frangente venne registrato un calo dello 0,2% delle sanzioni 2021-2022, ma solo rispetto quelle che avevano un importo superiore a 250 euro. All’epoca quindi la stragrande maggioranza di violazioni rimaste inalterate.
Ancor prima ci fu il caso delle pressioni all’allora presidente del Consiglio Mario Monti, così commentato dal presidente Asaps Giordano Biserni:
«Ci aveva già provato esattamente 10 anni fa, era l’ottobre 2012, con l’allora presidente del Consiglio Mario Monti, ma tutto rimase inalterato con uno scatto in avanti del 5,4%, in un altro momento difficile per l’economia nazionale per le aziende e per le famiglie».
La mobilitazione attuale trae quindi forza anche da questi precedente e tenta di fruttare, nel quadro della campagna elettorale, la volontà dei partiti di promuoversi positivamente agli occhi degli elettori.
«Premesso che siamo, come sempre, per il rispetto del Codice della Strada e per la legalità corre l’obbligo di ricordare come oggi, di fronte a una situazione economica veramente critica, post emergenza Covid, con una situazione terribile per gli aumenti di bollette e prezzi in generale, a causa del conflitto in Ucraina, si rischia che le multe rimangano grida manzoniane, perché questi aumenti esaspereranno gli automobilisti e non verranno mai pagate o solo in minima parte, come dimostrato dai cali di incassi del bilancio dello Stato e degli enti locali, in materia di riscossione volontaria».
Le dichiarazioni procedono quindi in questa direzione e la minaccia è quella del default stradale. L’attuale proposta risolutiva invece si concretizza in un blocco dell’aumento previsto per il biennio 2023-2024 che non andrebbe però a inficiare le attività complessive di repressione ai comportamenti di guida più pericolosi.
L’appello del presidente è chiaro: «Si rischia il default stradale». Il nuovo Codice della Strada desta polemiche ancor prima di vedere la luce perché all’orizzonte è previsto un aumento del 10% sugli importi. L’entrata in vigore delle revisioni è fissata al 1° gennaio 2023, anno designato per l’adeguamento di routine.
Un divieto di sosta ad esempio passerebbe dagli attuali 42 euro a quota 46 mentre la sanzione per l’uso del cellulare alla guida da 165 sale a 181 euro. Analogamente, il superamento dei limiti di velocità tra 10 e 40 km/h. Per la stessa violazione ma nella fascia tra 40 e 60 km/h invece l’importo salirebbe da 543 a 597 euro.
C’è poi il caso di accesso abusivo alle zone a traffico limitato o il transito non autorizzato su una corsia riservata al trasporto pubblico per cui si passa da 83 a 91 euro.
Corretto quindi parlare di sensibile rialzo anche perché il parametro in esame si basa sull’indice Istat Foi che registra i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Per un calcolo definitivo verranno utilizzati i dati del prossimo novembre, ma non è previsto un particolare scostamento nel margine già delineato.
Se non ci saranno interventi da parte del Governo su questo fronte, lo scatto nel «tariffario» sarà automatico. Le conseguenze di un possibile immobilismo dell’esecutivo sono nefaste e vengono dipinte dall’Asaps, Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, non nuova a mobilitazioni in tal senso e ferrea sulle sue posizioni di protesta.
Per contestualizzare quest’affermazione e dare meglio l’idea del peso di un simile fenomeno, capiamo quindi quali sono i costi reali che i cittadini dovrebbero sostenere. Prima di mettere mano alle cifre, capiamo da dove vengono le stime sui rincari di cui si sta discutendo. Quando parliamo di aumento del 10% ci riferiamo a un calcolo dei risultati che è per l’appunto molto vicino alla cifra tonda: +9,8%. Lo scarto percentuale si delinea infatti rapportando i valori registrati a luglio 2022 con quelli del 2020.
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