L’ Autovelox posto in un luogo che non rispetti i requisiti stabiliti dall’art. 142, comma 6bis del C.d.S. e le prescrizioni dell’art. 79 del Regolamento di esecuzione del Codice stesso, genera delle multe che possono essere annullate dall’Autorità Giudiziaria.
Questo è quanto stabilito dalla Corte Suprema di Cassazione, la quale con un’ordinanza a dir poco rivoluzionaria, ha annullato un verbale emesso dal Comune di Trodena a carico di un automobilista, per eccesso di velocità, rilevata con autovelox e come sapete TiAssisto24 si è già occupata di casi simili.
Il precedente è estremamente interessante per due motivi:
Andiamo con ordine ed esaminiamo il primo aspetto.
Questa collocazione, sostiene l’automobilista, non è conforme alla legge, perché l’art. 142, c. 6bis del Codice della Strada stabilisce che: “Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili”.
L’art. 79 del Regolamento di esecuzione del Codice, poi, stabilisce che: “Per ciascun segnale deve essere garantito uno spazio di avvistamento tra il conducente ed il segnale stesso libero da ostacoli per una corretta visibilità. In tale spazio il conducente deve progressivamente poter percepire la presenza del segnale, riconoscerlo come segnale stradale, identificarne il significato e, nel caso di segnali sul posto, di cui al comm 2, attuare il comportamento richiesto”.
In altre parole ed in estrema sintesi, il segnale stradale – compreso l’autovelox, ovviamente – non deve costituire una sorpresa per l’automobilista che procede con la sua vettura sulla strada, ma deve avere la funzione di avvertire per tempo il conducente per fare in modo che costui attui la condotta di guida più aderente possibile alle prescrizioni di guida del momento.
Ciò non è avvenuto nel caso della causa sopra indicata, perché il giudice ha accertato che collocare un autovelox al termine di una fila di alberi (anche se di fusto modesto e senza foglie, come si legge nell’ordinanza) viola la norma sopra riportata e non lo rende visibile.
Dunque, la multa deve essere annullata.
Questo principio, seppure chiaramente affermato dalla legge (art. 91 c.p.c.: “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”) è molto spesso dimenticato dai giudice e questo costituisce un terribile danno per gli automobilisti, i quali pur consapevoli di avere ragione nel chiedere l’annullamento delle contravvenzioni che ricevono, si piegano spesso al pagamento della sanzione perché sanno che sostenere le proprie ragioni in giudizio comporta un onere economico maggiore della sanzione stessa.
Da oggi, il precedente della Suprema Corte di Cassazione ci dice che il Giudice non può lasciare il ricorrente vittorioso con il carico delle spese e degli onorari di avvocato sulle spalle, ma che ha diritto al rimborso di queste somme da parte dell’Ente che ha ingiustamente elevato la sanzione amministrativa.
Alcuni siti internet hanno riferito che questa pronuncia della Cassazione è una sentenza. Ciò è sbagliato: la Cassazione in questo caso ha emesso un’ordinanza perché ha dichiarato il ricorso del Comune inammissibile e non infondato.
Nella sostanza per il cittadino comune non cambia nulla, perché il provvedimento adottato ha la stessa forza e stabilità di una sentenza. Dal punto di vista processuale però la differenza esiste e gli avvocati lo sanno. Sarebbe come dire che Lewis Hamilton ha vinto il mondiale perché Sebastian Vettel ha bucato una gomma e non perché è arrivato secondo.
#dallapartedellautomobilista
#dallapartedellalegge
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