Stretta sui parcheggiatori abusivi. Una sentenza depositata il 5 luglio 2018 dalla seconda sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che chi chiede denaro, dietro minacce, a un automobilista per sostare in un’area pubblica, rischia la condanna per estorsione. Per parcheggiatore abusivo (o guardiamacchina) si intende proprio una persona che, senza autorizzazione prevista dalla legge, richiede somme di denaro a fronte di soste in zone cittadine, sovente pubbliche, adibite regolarmente o meno al parcheggio a pagamento e per questo soggette a strisce blu.
Tale fenomeno è diffuso in molte zone d’Italia e non è legato soltanto alla criminalità organizzata. L’importo di denaro richiesto può variare dai 2 ai 20 euro. La legge punisce l’attività, qualora riconosciuta, soltanto con una sanzione amministrativa. La legge 214 del 1° agosto 2003 (integrata il 22 aprile 2017), che introduce il comma 15 bis dell’articolo 7 del Codice della Strada, stabilisce che “salvo che il fatto costituisca reato, coloro che esercitano abusivamente, anche avvalendosi di altre persone, ovvero determinano altri ad esercitare abusivamente l’attività di parcheggiatore o guardiamacchine sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 3.500. Se nell’attività sono impiegati minori, o nei casi di reiterazione, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata del doppio. Si applica, in ogni caso, la sanzione accessoria della confisca delle somme percepite, secondo le modalità indicate al titolo VI, capo I, sezione II”. “Valgono doppio”, pertanto, la reiterazione della condotta illegale e l’impiego di minori. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’illecito resta impunito.
La sentenza 30365/18 emessa dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione scava però un solco di discontinuità col passato. Chiamata a giudicare il caso di un privato cittadino che si era visto chiedere due euro da un abusivo all’interno dell’ospedale di Eboli, ha stabilito che la richiesta si configura come reato di estorsione. A riguardo la Corte ha specificato che “non è configurabile il reato di violenza privata per la semplice ragione che il suddetto reato ha natura sussidiaria rispetto all’estorsione dalla quale si differenzia per l’assenza dell’ingiusto profitto che, invece, nel caso di specie, è configurabile (richiesta di una somma di denaro non dovuta)”. Inoltre il fatto che l’automobilista non si sia sentito intimidito “non rende meno grave la condotta tenuta dal parcheggiatore” e viene considerato un “fatto irrilevante” per la difesa dell’accusato.
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