L’eccesso di velocità è una delle infrazioni che gli automobilisti commettono con maggiore frequenza. Oltre a comportare multe, la violazione dell’articolo 142 del Codice della Strada viene punita con la decurtazione dei punti della patente a secondi dei km/h ecceduti. La contravvenzione, come stabilito di recente dalla Corte di Cassazione, scatta superando di appena 0,1 km/h la soglia di tolleranza del 5% prevista dalla legge. Ma è davvero impossibile sfuggire alla morsa dell’occhio elettronico di autovelox e tutor?
In realtà sono diversi i casi in cui il controllo elettronico della velocità risulta essere illegittimo. Per quanto riguarda gli autovelox Italia è in corso una sorta di braccio di ferro tra giudici di pace e politica. Secondo i primi gli apparecchi di rilevamento istantaneo della velocità di marcia devono essere omologati, come previsto peraltro dall’articolo 142 CdS. Di contro il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sostiene che in mancanza di un decreto che fissi caratteristiche, modalità costruttive e procedura di omologazione dei dispositivi, si debba procedere con la loro semplice approvazione, come previsto dall’articolo 345 del Regolamento di esecuzione del Codice, affinché il verbale sia da ritenersi valido.
Il motivo del contendere è semplice. I giudici sostengono che approvazione e omologazione siano procedure del tutto diverse, poiché alla prima si ricorre quando le norme “non stabiliscono le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni”, mentre alla seconda se è necessario “accertare la rispondenza e l’efficacia dell’oggetto alle prescrizioni”, come è necessario fare quando si deve misurare la velocità dei veicoli in marcia.
La questione non è soltanto formale. Nella sostanza, infatti, allo stato attuale nessun apparecchio autovelox installato sulle strade italiane è omologato. Tutti sono “soltanto” approvati. Pertanto se avessero ragione i giudici, tutti gli autovelox sarebbero fuorilegge e, di conseguenza, tutti i verbali emessi sarebbero illegittimi. Con buona pace delle casse dei Comuni, ma anche col rischio di far svanire l’efficacia di quello che risulta essere il miglior deterrente contro una delle condotte più pericolose degli automobilisti.
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